I miei inizi in bici, i miei sogni
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I miei inizi in bici, i miei sogni

Nei momenti di pausa dagli allenamenti o nei ritagli di tempo che dedico alla riflessione e al relax, mi piace moltissimo rispondere alle vostre domande e alle vostre curiosità. Una delle più ricorrenti è questa: “Fausto, quando hai iniziato ad andare in bici?”. Ecco, domande come questa mi danno l’opportunità di ripercorrere più spesso i miei ricordi, a cui sono legatissimo. 

Il mio amore per la bici è nato all’età di 6 anni, quando ho provato le prime pedalate. All’epoca trascorrevo la maggior parte dei miei pomeriggi al campo di calcio di Laxolo, praticamente sotto casa, in compagnia dei miei amici. Uno di quei giorni, uno dei miei migliori amici, Luca, mi ferma e mi dice “sai ho provato ad andare in bicicletta e penso sia uno sport davvero bello, mi sono divertito tantissimo”. 

La sera stessa sono tornato a casa e l’ho raccontato subito a mia mamma. Lei era quasi più contenta che provassi ad andare in bicicletta rispetto al fatto che giocassi a calcio, dato che tutti ci giocavano e ci passavano pomeriggi interi, mentre vedeva il ciclismo come qualcosa per cui ci si allenava e si coltivava un risultato, così il giorno dopo siamo partiti e siamo andati alla sede della Pedale Brembillese, che è tutt’oggi a 3 km da dove vivo. 

In quell’occasione mi hanno consegnato il primo casco e le prime scarpette, la divisa e la bici. Ho iniziato a fare con Luca i primi allenamenti, dopo la scuola, di brevissima durata. Fino a quando nel mese di aprile-maggio, periodo di gare delle giovanili, ho corso la mia prima gara arrivando secondo, dopo Mustafà, ricordo ancora il suo nome.

Io non ero contento perché come secondo premio mi avevano dato una medaglia ma io volevo una mega coppa, ricordo che mi sono messo a piangere, mentre Luca rimase offeso perché era stato battuto da me. Da lì, lui decise di proseguire con il calcio, io intrapresi ufficialmente la mia strada nel ciclismo.

Altri aneddoti della mia infanzia sono sicuramente gli allenamenti e le ore trascorse al campo sportivo con il tuttora presidente dell’associazione, Forcella Gianmario, che ricordo con grande affetto, che mi faceva vivere tutto come un gioco e quella è stata la mia fortuna. Però lo prendevamo spesso in giro, lui ci diceva di fare 15 giri e noi ne facevamo 6 e poi eravamo a giocare con la canna dell’acqua. Si infuriava, era una persona abbastanza pretenziosa, ma questo dimostra quanto fosse sano l’ambiente in cui sono cresciuto, e figure come Forcella e Luca sono state davvero importanti per la mia vita.

Se ho dei sogni nel cassetto? Sì, ne ho molti, ma più che sogni sono obiettivi. I sogni  che avevo da bambino li ho realizzati praticamente tutti. Volevo diventare un professionista, partecipare al Giro d’Italia e vincere una tappa, e da quando li ho raggiunti, è una ricerca continua di nuovi stimoli per poter migliorare sempre di più.

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